Pronostici Oscar 2012

22 febbraio 2012 alle 18:40 | Pubblicato su Cinema | Lascia un commento

Come ogni anno eccomi qui anche in questo 2012 a cercare di prevedere i vincitori degli Accademy Awards. In grassetto, tra tutti i nominati, evidenzierò quello che credo sarà il vincitore nelle rispettive categorie.

Miglior filmOscar 2012
The Artist
Paradiso amaro (The descendants)
Molto forte incredibilmente vicino (Extremely lord & incredibly close)
The help
Hugo
Midnight in Paris
L’arte di vincere (Moneyball)
The tree of life
War horse

Per accaparrarsi la statuetta più ambita concorrono film molto validi e tutti in grado di proporre storie che sicuramente verranno apprezzate dai membri dell’Accademy. Basandomi però sui premi già vinti e sui tantissimi consensi ricevuti la mia scelta cade sul bellissimo The artist che spero venga premiato soprattutto per il coraggio di coloro che lo hanno realizzato ottenendo un così vasto successo.

Miglior regia
Michel Azanavicius (The artist)
Alexander Payne (Paradiso amaro)
Martin Scorsere (Hugo)
Woody Allen (Midnight in Paris)
Terrence Malick (The tree of life)

In questa categoria il mio pronostico si traduce più che altro in una speranza. Spero davvero che venga riconosciuto il premio a Martin Scorsese soprattutto per la capacità di utilizzo delle tre dimensioni in quanto ha saputo dimostrare che il 3D non è un semplice mezzo economico per fare soldi ma può essere utilizzato a supporto della storia e per rendere più coinvolgente il lungometraggio. Michel Azanavicius ha molte possibilità di vittoria anche in seguito alla vittoria ai SAG ma a questo preferirei comunque Terrence Malick.

Miglior sceneggiatura originale
The artist
Le amiche della sposa (Bridesmaids)
Margin Call
Midnight in Paris
Una separazione (A separation)

Difficile pronostico ma propendo per il lavoro di Woody Allen con Midnight in Paris. Scrittura chiara, lineare, ispirata e frizzante. Insomma, Woody Allen nella sua miglior forma. Una categoria comunque incerta fino all’ultimo.

Miglior sceneggiatura non originale
Paradiso amaro (The descendants)
Hugo
Le idi di Marzo (The ides of March)
L’arte di vincere (Moneyball)
La talpa (Tinker Taylor Soldier Spy)

In questa categoria punto su La talpa. La trasposizione del libro di John Le Carré è meticolosa e ben scritta. Merita sicuramente un riconoscimento. Anche Paradiso amaro con George Clooney potrebbe essere un buon candidato alla vittoria.

Miglior attore protagonista
Demiàn Bichir (A better life)
George Clooney (Paradiso amaro)
Jean Dujardin (The artist)
Gary Oldman (La talpa)
Brad Pitt (L’arte di vincere)

Non c’è molto da dire, credo sia abbastanza scontata la vittoria di Jean Dujardin per la sua interpretazione muta in The artist. Se ci fossero sorprese e dovessi puntare su un altro attore probabilmente scegliere l’interpretazione di George Clooney in Paradiso amaro soprattutto perché i due si sono praticamente divisi i vari premi di categoria. Brad Pitt potrebbe magari trarre vantaggio da questa situazione in seguito alla spartizione dei voti da parte dei primi due.

Miglior attrice protagonista
Glenn Close (Albert Nobbs)
Viola Davis (The help)
Rooney Mara (Uomini che odiano le donne)
Meryl Streep (The iron lady)
Michelle Williams (My week with Marylin)

Sarà un pronostico poco coraggioso ma credo che anche questa volta Meryl Streep riuscirà a vincere la concorrenza e ad aggiudicarsi l’ennesima statuetta. Potrebbero impensierirla solo le interpretazioni di Viola Davis o Rooney Mara; la prima soprattutto si candida ad essere colei che potrebbe proprio mettere i bastoni tra le ruote alla Streep.

Miglior attore non protagonista
Kenneth Branagh (My week with Marylin)
Jonah Hill (L’arte di vincere)
Nick Nolte (Warrior)
Christopher Plummer (Beginners)
Max Von Sydow (Molto forte incredibilmente vicino)

Categoria che ho trovato abbastanza difficile da pronosticare soprattutto perché ho visto solo una delle cinque interpretazioni sfidanti. La scelta ricade su quella di Christopher Plummer per Beginners soprattutto per quanto abbia fatto parlare di se; solo l’interpretazione di Max Von Sydow si è fatta un po’ strada ultimamente e potrebbe impensierire, probabilmente non abbastanza, Plummer.

Miglior attrice non protagonista
Bérénice Bejo (The artist)
Jessica Chastain (The help)
Melissa McCarthy (Le amiche della sposa)
Janet McTeer (Albert Nobbs)
Octavia Spencer (The help)

Per la miglior attrice non protagonista sono stato fino all’ultimo indeciso tra due nomi: Bérénice Bejo per la sua interpretazione in The artist e Octavia Spencer per The Help. Alla fine la decisione ricade su quest’ultima dato che ha vinto Golden Globe, SAG e BAFTA, anche se non si può dire che la sua interpretazione sia qualitativamente superiore a quella della Bejo.

Miglior film d’animazione
A cat in Paris (Une vie de chat)
Chico & Rita
Kung fu Panda 2
Il gatto con gli stivali (Puss in boots)
Rango

Penso sia abbastanza sicura la vittoria di Rango. In questa categoria, che quest’anno vede l’assenza del classico film PIXAR, e che vede invece due sorprese (A cat in Paris e Chico & Rita), è difficile vedere vittoriosa la Dreamworks e nemmeno i suddetti film europei più che altro che il famigerato poco coraggio dei membri dell’Accademy.

Miglior film stranieroOscar 2012 2
Bullhead (Belgio)
Monsieur Lazhar (Canada)
A separation (Iran)
Footnote (Israele)
In darkness (Polonia)

Questa è una categoria che non ha mancato di regalare sorprese negli anni successivi e quindi anche quest’anno quella che può sembrare una previsione abbastanza semplice, in realtà non lo è. Punto sul film Iraniano Una separazione anche per i tanti premi già vinti, il successo al box office e le tante critiche positive ricevute. Potrebbe essere d’intralcio alla sua vittoria il film polacco In darkness.

La cerimonia di assegnazione degli Oscar si terrà domenica 26 Febbraio 2012.

Un capolavoro di ottant’anni.

8 febbraio 2012 alle 21:45 | Pubblicato su Cinema | Lascia un commento

Oggi compie ottant’anni il famoso compositore e direttore d’orchestra che durante la sua lunga carriera ci ha regalato tanti veri e propri capolavori: John Williams.

Con le sue musiche ha accompagnato immagini che sono diventate vere e proprie icone delle generazioni a cui appartengono e solo il sentire alcune note delle sue opere più famose fa riaffiorare nella mente tanti ricordi e tante emozioni. Vorrei che la mia vita avesse una colonna sonora scritta proprio da John Williams! Ma, basta spendere parole inutili; vi lascio ad un video che riassume alcune delle migliori opere del compositore.

Emozionatevi!

John Williams

Tanti auguri John!

J. Edgar

8 gennaio 2012 alle 13:38 | Pubblicato su Cinema | Lascia un commento

La release di un film diretto da Clint Eastwood si rivela per me ogni volta un evento. E’ un regista che ha saputo regalarci veri e propri capolavori e che non smette mai di proporre il suo coraggio nel portare al cinema storie non convenzionali, originali e che permettono di uscire dalla sala soddisfatti e consapevoli di aver visto e ascoltato una storia nuova. Recentemente gli ultimi suoi lavori hanno però peccato in più di uno di questi aspetti e purtroppo non si può dire che con J. Edgar questa triste tendenza si sia fermata.

J. Edgar racconta la storia del fondatore e primo direttore del Federal Bureau of Investigation (FBI), del suo lunghissimo e controverso “dominio” che ha portato l’agenzia ad essere quella che è oggi. Si racconta la storia di un uomo che diresse l’FBI per attaccare soprattutto attivisti e dissidenti politici, raccogliendo informazioni private sui maggiori leader politici del tempo. Tra gli aspetti più controversi della sua vita c’è inoltre una presunta omosessualità repressa, tema al tempo condannato dallo stesso Hoover tramite numerosi provvedimenti.

J. Edgar poster 1

Quando Clint Eastwood è dietro la macchina da presa ha sempre dimostrato di essere molto bravo a raccontare storie di uomini e donne come esseri umani, delle loro relazioni e dei loro universi interiori mostrando con piccoli ed intimi dettagli le loro logiche e i loro sentimenti. Anche in questo caso non si fa eccezione, J.Edgar si dimostra un film molto godibile, soprattutto nella seconda parte, quando la sfera più umana del protagonista prende il sopravvento sul più freddo e distaccato racconto storico e biografico. Il film parte lentamente con un J.Edgar Hoover anziano che decide di raccontare la sua storia. La decisione di costruire l’intero film intorno alla volontà del protagonista di raccontare la sua vita in prima persona permette di mescolare nell’esposizione prettamente storica degli eventi una buona dose di umanità, di approfondire quindi il lato più intimo del protagonista e di giustificare determinati eventi storici con avvenimenti legati alla vita privata di Hoover. Questo aspetto è inoltre accentuato dalle buonissime interpretazioni dei vari comprimari e dall’ottimo lavoro svolto da Leonardo DiCaprio che, nonostante il pesante trucco sul suo volto, è stato in grado di mostrare le sue ottime capacità recitative con un ruolo non proprio facile da interpretare. I problemi maggiori del film si riscontrano soprattutto all’inizio. Esso risulta infatti lento e alquanto confusionario, i molteplici salti temporali che si susseguono disorientano lo spettatore che, in alcune parti, si ritrova a non sapere più dove collocare un determinato avvenimento rispetto a quelli già visti. La mancanza di evidenti riferimenti temporali, a parte l’aiuto dato dal trucco degli attori, un po’ si fa sentire. Alla fine il film risulta comunque fin troppo freddo e manca di quel qualcosa che rende altri film del regista coinvolgenti e ancor più soddisfacenti.

J. Edgar poster 2

Sotto l’aspetto tecnico non c’è molto da eccepire. La regia è quella caratteristica di Eastwood, presente e mai invadente, studiata e ben calibrata. La fotografia, come per tutti i film del regista, è molto ben curata e dona al film l’atmosfera adatta. Le musiche, minimali e non troppo presenti supportano benissimo le interpretazioni degli attori soprattutto nei migliori momenti del film, permettendo a questi di raggiungere quella dimensione intima che colpisce più di altro lo spettatore. Grande pecca è costituita invece dal trucco che, soprattutto in alcuni frangenti, risulta finto e posticcio portando ad una involontaria comicità alcuni momenti che di comico non dovrebbero avere nulla. Nella versione italiana, inoltre, il doppiaggio risulta scarso e in alcuni casi straniante, si poteva fare di più.

Insomma, J. Edgar è alla fine un buon film. Un film che trova i suoi punti di debolezza in alcuni aspetti del contenuto e, in minor parte, in quelli prettamente tecnici. Clint Eastwood continua comunque a fare cinema di qualità, nonostante non riesca più a raggiungere le vette a cui in passato ci aveva abituato. Sicuramente un piccolo passo avanti dopo il brutto Hereafter.

Buon Natale 2011!

24 dicembre 2011 alle 18:42 | Pubblicato su Il Blog | Lascia un commento

Torno a scrivere dopo un periodo particolarmente impegnativo che mi ha tenuto lontano da questo blog per augurare a tutti quelli che sono soliti leggermi un bellissimo Natale.

Quest’anno voglio farlo in un modo un po’ particolare, voglio augurarvi un cosiddetto Fringemas!!! Da grandissimo fan della serie TV creata da J.J.Abrams, arrivata quest’anno alla quarta stagione, “FRINGE” ho deciso di augurarvi un buon Natale in pieno stile “scienza di confine” con un video creato l’anno scorso dai creatori della serie TV. Enjoy…

Magari questo video vi convincerà ad iniziare a vedere anche la serie TV che non posso far altro che consigliare a tutti!

BUON NATALE!!!

Carnage, Drive, Super 8

23 settembre 2011 alle 14:11 | Pubblicato su Cinema | Lascia un commento

Della serie 3 mini-recensioni in un solo articolo, oggi propongo Carnage di Roman Polanski, Drive di Nicolas Winding Refn e Super 8 di J.J. Abrams.

Carnage

Attendevo da molto tempo il nuovo film di Roman Polanski che dopo il bellissimo “L’uomo nell’ombra” si è dedicato a “Carnage”, trasposizione cinematografica di un testo teatrale che vede protagoniste due coppie di genitori che si trovano una ospite nella casaCarnage poster dell’altra per discutere di una lite avvenuta tra i rispettivi figli. La discussione, con il passare dei minuti, degenera e tira fuori la vera natura di ognuno dei personaggi. La natura teatrale di questo progetto è molto evidente anche al cinema dove l’interpretazione degli attori e la sceneggiatura sono le dimensioni più importanti di questo progetto. Polanski riesce a scrivere una sceneggiatura ben equilibrata, che riesce molto bene a mostrare la lenta e degenerativa evoluzione della vicenda tramite dialoghi molto naturali e ben scritti. Tutti gli attori presenti in scena sono all’altezza della situazione e mostrano di avere grandi capacità espressive, ognuno di essi è in grado di mostrare allo spettatore la caratteristica preponderante del carattere del suo personaggio rendendolo tridimensionale e ben identificabile nel gruppo; questo lavoro riesce anche a giustificare molto bene alcuni comportamenti a prima vista esagerati e fuori luogo. Anche a livello registico si nota la volontà di Polanski di sottolineare la lenta evoluzione degli eventi con riprese sempre meno statiche e col passare del tempo più attente ai dettagli espressivi dei volti dei personaggi. Una durata non troppo eccessiva dona coesione al lungometraggio e lo rende godibile dall’inizio alla fine; finale che risulta infine esilarante e perfetto. Sicuramente consigliato a tutti.

Drive

“Drive”, leone d’oro alla regia a Cannes 2011, è diretto da Nicolas Winding Refn. La storia tratta la vicenda di un uomo misterioso che lavora come stunt-man di giorno e come autista per criminali di notte. L’amore per una donna lo porta in una situazione di pericolo in cui sono coinvolti vari criminali, egli saprà utilizzare le sue grandi capacità alla guida delle auto per risolvere la vicenda.Drive poster Questo film è la dimostrazione di come una storia semplice e quasi “banale” possa essere la base di un gran bel film. Visto in anteprima, il film racconta la vicenda con una linearità disarmante mantenendo sempre alto l’interesse dello spettatore per la storia tramite un personaggio protagonista misterioso e la forza dei rapporti umani. Registicamente molto ispirato e visivamente avvincente, il tutto diventa molto godibile e appassionante; il regista dimostra di avere buone idee e tanta ispirazione. Le buonissime interpretazioni degli attori e la scelta di musiche molto adatte impacchettano un film imperdibile che potrebbe avere molto successo grazie al passaparola. E’ difficile al giorno d’oggi riuscire a trovare un film che ti soddisfi pienamente e che ti permetta di uscire dal cinema contento di quello che hai visto. Questo film è in grado di regalare proprio queste sensazioni e per questo lo consiglio a qualsiasi tipo di pubblico; l’unico avvertimento che dovrei dare riguarda la presenza di alcune scene di violenza particolarmente esplicita che in un prodotto come questo donano quell’aspetto realistico in più che non può che fare bene. Il film uscirà nei cinema di tutto il mondo il 30 Settembre.

Super 8

J.J. Abrams torna al cinema con l’intenzione di far provare un po’ di nostalgia a noi spettatori raccontando una storia dalle atmosfere anni ’80 molto simili a quelle presenti nei “vecchi” film prodotti dalla Amblin come “E.T” o “Incontri ravvicinati del terzoSuper 8 poster tipo”. Il film racconta la storia di un gruppo di ragazzini che, intenti a girare un film amatoriale con la loro cinepresa Super 8, si trovano coinvolti in un incidente ferroviario che si scopre essere causa di una serie di misteri che coinvolgono la loro cittadina e una specie di mostro. La volontà del regista di portare di nuovo al cinema determinate atmosfere è sicuramente riuscita ma questo forse lo ha portato a concentrarsi troppo su di essa trascurando infine la storia e i personaggi. Il film risulta infatti godibile e carino ma non molto appassionante. La vicenda raccontata è superficiale e non molto originale. I giovani attori se la cavano particolarmente bene ma la mancanza di una sceneggiatura che supporti adeguatamente la loro interpretazione rende il prodotto finale un po’ freddo e difficile da apprezzare in pieno. I personaggi infatti sono per la maggior parte solo accennati e anche i veri protagonisti della pellicola non diventano mai coinvolgenti e appassionanti. Le aspettative erano sicuramente alte e ciò a contribuito in buona parte alla delusione ricevuta guardando questo film ma è certo che la premessa iniziale avrebbe potuto dare frutti migliori e far diventare questo film un piccolo gioiello. E’ un dispiacere sapere che un film tanto atteso e discusso risulti poi alla fine una piccola delusione ma il bello del cinema è che si basa principalmente sui gusti personali e quindi non è detto che altri possano apprezzare questo film più di me.


It all will never end…

12 luglio 2011 alle 18:12 | Pubblicato su Cinema | 1 commento

In un blog come questo che per la maggior parte tratta di cinema e recensioni è impensabile non scrivere qualche parola sulla fine di quella che è una delle saghe cinematografiche che hanno accompagnato chi scrive durante tutto il suo percorso adolescenziale e che hanno regalato così tante emozioni e divertimento. Naturalmente sto parlando della saga di Harry Potter.

Domani, 13 Luglio 2011, uscirà nei cinema italiani l’ultimo capitolo della saga cinematografica tratta da quella letteraria scritta da J.K.Rowling e non si può far altro che sentirsi in parte emozionati e in fervida attesa per vedere il film e, contemporaneamente, tristi e commossi pensando al fatto che tutto quello che ci ha fatto vivere fino ad ora, domani finisce. Per quelli che come me sono cresciuti a pane ed Harry Potter fu già un piccolo trauma leggere le ultime pagine dell’ultimo libro sempre però consapevoli del fatto che la magica avventura di Harry Potter sarebbe continuata sul grande schermo; ora che anche questa si è ormai conclusa si può riguardare indietro a ciò che essa ci ha donato e ringraziare coloro che l’hanno resa possibile. I film si sono succeduti anno dopo anno, la storia si è evoluta, i personaggi sono diventati grandi e, insieme agli spettatori, hanno sperimentato i primi amori, le prime vere sfide della vita e ci hanno accompagnato in uno dei momenti più importanti della nostra esistenza.

Vedere sul grande schermo la rappresentazione di quello che fino ad allora avevo solo immaginato era bellissimo, mi faceva sognare e desiderare di cadere aldilà dello schermo: prendere l’Hogwarts express al binario 9 3/4, studiare incantesimi ad Hogwarts, giocare a Quidditch e anche combattere Colui che non deve essere nominato. Una vera e propria esperienza che mi ha aiutato a conoscere il mondo e le sue svariate sfaccettature nel miglior modo possibile: tramite la fantasia. Ricordo benissimo ogni momento vissuto in funzione di Harry Potter, le grandissime attese anche solo per intravedere il piccolo frame di una scena, le accese discussioni su quello che avrei voluto vedere, su quello che mi aveva entusiasmato e quello che invece non mi è tanto piaciuto; un percorso fatto insieme a tante altre persone che, anche se lontane e legate a me solamente da questa passione, sono diventate amiche e hanno condiviso con me un’esperienza veramente indimenticabile.

So per certo che tutto ciò è materialmente finito ma so anche che dentro di me non finirà mai. Ripenserò a questi momenti, ricorderò con entusiasmo ogni minimo particolare di questo viaggio, rileggerò i libri e riguarderò i film; continuerò a parlarne con gli amici, a confrontarmi su di esso e a scambiare opinioni. Non mancherò di consigliarlo a coloro che non l’hanno potuto ancora godere nella speranza che lo vivano come l’ho fatto io. Quella di domani è solamente la fine di una serie di film, il vero fenomeno di Harry Potter non finirà mai, è saldamente inciso nella mia anima e nei mie più felici ricordi, sempre pronto a farmi sorridere ed emozionare quando più ne ho bisogno. Perchè alla fine, parafrasando colei che ha dato la vita a tutto ciò: “Hogwarts sarà sempre pronta ad accoglierci”.

The tree of life

1 giugno 2011 alle 19:15 | Pubblicato su Cinema | Lascia un commento

Ho visto The tree of life ormai da qualche giorno e ho sentito la necessità di far passare un po’ di tempo prima di scrivere questo commento. L’opera di Terrence Malick crea un vortice di pensieri e sensazioni che si protraggono a lungo dopo la visione e che ti costringono a pensare e ripensare costantemente all’esperienza che hai vissuto in sala. L’opera stessa si pone domande, cerca risposte e scruta profondamente nell’animo umano, accarezzando sensibili corde che riecheggiano ricordi e memorie reali delle nostre esperienze tramite la vita; propone riflessioni che ti incoraggiano a cercare di comprendere il perché di ogni cosa e la reale consistenza del tutto.

TToL Poster

Tutto è Grazia o Natura. L’uomo possiede la capacità di immaginare, di viaggiare col pensiero e tramite la sua razionalità è portato a chiedersi il perché delle cose, a guardarsi dentro, scrutare la propria vita e non solamente vederla passare. Malick ci invita così a partecipare all’esperienza di vita di un uomo in conflitto con il suo passato. Egli rivive la sua infanzia cercando di comprendere ciò che ha visto e vissuto, ponendo l’accento sul continuo conflitto tra la natura severa del padre e l’amorevole grazia della madre. Tramite la morte, ultimo mezzo per la comprensione della nostra condizione, viene raccontata quindi una storia piena di simbolismi, analogie e similitudini che ti fan capire come l’origine stessa dell’esistenza sia conflittuale e quanto sia difficile riuscire ad arrivare alla maturazione ultima che dona realizzazione e libertà. Il continuo accostamento tra il micro e il macro sottolinea ancor di più la coesione del reale, l’analogia mostrata tra la nascita dell’uomo e la cosmogenesi porta a momenti cinematografici altissimi; visivamente stupendi ed emotivamente molto coinvolgenti.TToL Poster 2 La parte centrale del film è quella che regala i momenti migliori sia in termini tecnici che contenutistici. Malick ci trasporta nel suo mondo raccontando con tatto e sensibilità la sua storia, presentando personaggi vivi e reali che, nella stessa condizione dello spettatore, si interrogano su quello che stanno sperimentando. La macchina da presa danza, si muove sinuosa nella scena e ci permette di dare uno sguardo all’ordinario da una prospettiva insolita trasformando il tutto in qualcosa di nuovo. La quasi totale assenza di dialoghi nella prima parte e nell’ultima è splendidamente sostituita da musiche sognanti e perfettamente sposate con le immagini; la scelta di tracce classiche crea un forte legame tra immagini ed emozioni rendendo l’esperienza indimenticabile. La forte connotazione spirituale dell’opera si respira durante tutta la visione e viene raccontata tramite l’apparente assenza di una sorta di entità superiore; ciò aggiunge carburante al motore del film senza però mai dare un chiaro ed indiscutibile segno di definitività in proposito. Il finale metafisico conclude l’opera degnamente e lo spettatore vorrebbe trovarsi all’interno della scena perché il vortice d’amore che avvolge i protagonisti è l’unica entità che concilia i conflitti e le contrastanti forze della vita facendo loro comprendere il valore definitivo dell’esistenza.

I tanti pensieri che il film genera nella mente dello spettatore sono il prodotto della fusione tra le esperienze personali e quelle raccontate e ciò fa in modo che l’opera riesca a diventare intima per ciascuno di noi e adattarsi alla sensibilità di tutti sui temi trattati. Mettere in ordine tutte le idee e le riflessioni che il film ha fatto nascere in me sembra quasi utopico e sicuramente non bastano minimamente le due righe che ho scritto per descriverle tutte. Posso solo invitare tutti a vivere l’esperienza in prima persona e consigliare quindi caldamente la visione del film.

Insomma, un’opera che non lascia indifferenti; un’esperienza da vivere fino in fondo che diventa indimenticabile e che rimane impressa nella mente di chi la vive. Non un capolavoro, ma semplicemente perché solo il tempo potrà renderlo tale.

“Se non ami, la tua vita passerà in un lampo”.

Pirati dei caraibi – Oltre i confini del mare

26 Maggio 2011 alle 18:56 | Pubblicato su Cinema | 2 commenti

E’ uscito ormai settimana scorsa il quarto capitolo della saga di Pirati dei Caraibi e, come da aspettative, il film non porta nulla di nuovo ad un franchise che attira sicuramente ancora molte persone ma che a parere di chi scrive dovrebbe cercare di offrire qualcosa di nuovo per rimanere interessante e per poter intrattenere ancora.

On stranger tides teaser poster

La prima cosa che, ancor prima che uscisse il film, non mi ha convinto è il titolo. La trama è liberamente tratta da un romanzo del 1987 di Tim Powers intitolato in originale On stranger tides che è appunto il titolo del film in lingua originale. In Italia il titolo del libro è stato tradotto con Mari stregati ma il film con un più debole e ripetitivo Oltre i confini del mare; scelta a parere mio sbagliata perché poco fantasiosa rispetto a quella del terzo capitolo (Ai confini del mondo) e meno suggestiva di, appunto, Mari stregati; oltre al fatto che con la trama del film tale titolo italiano non ha nulla a che fare. Tralasciando questo aspetto che ovviamente con la qualità del film non ha nessun legame, ho trovato il film abbastanza discontinuo nei suoi momenti migliori e in linea con il capitolo più debole della passata trilogia, il secondo (La maledizione del forziere fantasma). L’introduzione dei nuovi personaggi quali Angelica (Peneloper Cruz) e Barbanera (Ian McShane) e la conferma di Barbosa (Geoffrey Rush) le ho apprezzate abbastanza, nonostante i primi due non siano propriamente tridimensionali la cosa non disturba e una figura piratesca femminile da un po’ di novità alla storia. I momenti di interazione tra Jack e Angelica sono divertenti e, in vista di capitoli futuri, si può pensare ad una coppia di personaggi ben assortita e utilissima per la rinnovazione della saga. I personaggi del missionario (Sam Claflin) e della sirena (Astrid Berges-Frisbey) portano un po’ di romanticismo nella trama e, se ben sfruttati, potrebbero sostituire degnamente Will (Orlando Bloom) e Elizabeth (Keira Knightley) di cui sinceramente non si sente la mancanza. Mi aspettavo sicuramente molto di più dalla regia di Marshall che in alcuni momenti dimostra di avere qualche idea carina e di poter crerare atmosfere molto belle, penso per esempio alla sequenza che vede coinvolte le sirene, ma che invece svolge il suo lavoro senza inventarsi nulla di particolare e senza donare, anche qui, qualcosa di nuovo; avrebbe dovuto osare di più, magari nelle scene di combattimento sfruttando le sue capacità da coreografo. Ottimi effetti speciali (come al solito) e bellissime scenografie confezionano il prodotto molto bene ma purtroppo non basta.On stranger tides poster La saga ha bisogno di novità, di freschezza e di tornare a somigliare di più a quel primo film che non aveva troppe pretese e che riusciva magnificamente a divertire e a raccontare una bella storia con ottimi personaggi. Si nota soprattutto nel personaggio principale di Jack la tendenza troppo marcata di diventare quasi una macchietta che ha la sua forza non più nei geniali dialoghi o nella particolarità del carattere ma più nei movimenti caricaturali che stancano quasi subito. Anche le musiche di Hans Zimmer, purtroppo, non aggiungono nulla a ciò che già conosciamo. I temi musicali presenti sono perlopiù riarrangiamenti di tracce dei film precedenti con pochi minuti di nuove melodie non all’altezza dei grandi temi a cui questo franchise ci ha abituato. Infine, non posso esprimermi sulla qualità del 3D in quanto ho scelto consapevolmente di vederlo in 2 dimensioni; decisione presa in base al fatto che il 3D di questo film non è nativo ma frutto di una riconversione, tecnica che fino ad ora non ha proprio regalato ottimi risultati qualitativi per le tre dimensioni.

Per concludere, riassumendo il mio pensiero, ho trovato Pirati dei Caraibi, Oltre i confini del mare un film carino con pochi pregi e tanti difetti, questi ultimi non tanto legati al livello qualitativo del film stesso ma più per il fatto che si tratta di un quarto capitolo di una saga ormai stanca che è sempre un piacere rivedere ma che a questo punto ha la necessità di trovare un modo per offrire qualcosa di nuovo, per non cadere ancora di più nel già visto e per non stancare ulteriormente chi la guarda.

The century trilogy I – La caduta dei giganti

17 aprile 2011 alle 19:23 | Pubblicato su Libri | Lascia un commento

E’ molto che non posto un commento su di un libro. Tra le mie passioni più grandi, seppur molto recente, c’è proprio la lettura. Tutto è iniziato i primi anni delle superiori quando la professoressa di italiano ha voluto che leggessimo un libro a scelta per poi fare un tema argomentativo su di esso. Io scelsi “Il terzo gemello” di Ken Follet e da lì partì l’amore. Trovai il mio genere preferito e individuai in Ken Follet un ottimo scrittore, probabilmente il mio preferito, colui che mi ha avvicinato ad uno splendido mondo. Ora che sono passati un po’ di anni, ho avuto il tempo di spaziare molto tra i generi e di conoscere tantissimi scrittori ma rimango sempre fedele al buon Ken, aspettando sempre con molta trepidazione ogni sua nuova pubblicazione.

“La caduta dei giganti” è un romanzo storico scritto da Ken Follet che racconta le storie di una serie di famiglie di nazionalità diversa attraverso i vari cambiamenti di inizio XX secolo e del loro coinvolgimento diretto o meno negli avvenimenti storici di rilievo del periodo: dalla prima guerra mondiale, alla rivoluzione russa, fino alla lotta per il suffragio femminile.

La caduta dei giganti

Una volta finito questo libro e girato la sua ultima pagina stampata mi sono sentito sfinito. Non è una sensazione nuova purtroppo; leggendo la maggior parte dei best seller di nuova pubblicazione questa cosa si fa sempre più presente e ne capisco anche il motivo. La recente tendenza che vede gli scrittori in balia delle più dure leggi del mercato porta i loro libri a diventare letteralmente e metaforicamente dei veri e propri mattoni. Se ripenso agli ultimi libri di Ken Follet come “Mondo senza fine” e, appunto, “La caduta dei giganti”, come anche per esempio a “The dome” di King, mi rendo sempre più conto che una buona parte delle centinaia di pagine di cui sono composti risultano ai fini della storia inutili e aggiungono poco o niente alla riuscita qualitativa dell’opera. Ho la sensazione che il fatto che gli scrittori debbano per forza di cose raggiungere un numero minimo di pagine (numero molto elevato a quanto pare) li porti ad allungare a dismisura il brodo, rendendo l’opera pesante da leggere e poco coinvolgente. Nello specifico de “La caduta dei giganti” ho trovato la lettura estenuante per la quantita esagerata e prolissa di descrizioni (marchio di fabbrica di Follet) molto ben scritte ma tutte uguali tra di loro. Non c’è in questo libro, come invece avveniva con “I pilastri della terra”, la possibilità di scrivere lunghe e dettagliate descrizioni di paesaggi o edifici ecc. e, nonostante ciò, il libro ne è pieno quasi a voler inserire qualche cosa di cui non c’è assoluto bisogno. Tralasciando questa cosa, la storia risulta avvincente e i vari intrecci tra fantasia e realtà sono molto verosimili. La grande quantità di personaggi e situazioni confonde all’inizio un po’ il lettore a cui è richiestaKen Follet una dose di concentrazione e attenzione abbastanza elevata. Nonostante questo, una volta preso il ritmo e conosciuti per bene i personaggi, è difficile abbandonare la lettura, almeno fino al raggiungimento dei 3/4 di libro. Quando infatti le situazioni diventano ridondanti e le pagine scorrono sempre più lentamente, ci si sente quasi affaticati e non si fa altro che sperare nella conclusione dell’opera. I dialoghi sono forse la parte meglio riuscita, la realisticità degli stessi li rende molto stimolanti ed è assolutamente divertente cercare di interpretare le varie parti scritte. Il finale, senza naturalmente spoilerare nulla, non sembra un finale. I climax discendenti sono troppo repentini e si ha la sensazione di una storia quasi incompiuta ma bisogna considerare il fatto che questo è solo il primo capitolo di una trilogia.

In definitiva “La caduta dei giganti” ha qualche pregio e troppi difetti che lo rendono un po’ pesante nella lettura e non proprio indimenticabile. Dal prossimo libro di Follet, il secondo capitolo della Century trilogy, non mi aspetto niente di più, niente di meno, di una sorta di fotocopia dei suoi ultimi lavori.

Il tempo passa e tu… tu non cambi mai.

26 marzo 2011 alle 20:42 | Pubblicato su Riflessioni | 3 commenti

Come ogni anno il giorno del mio compleanno si avvicina inesorabilmente a grandi falcate e ciò mi porta all’annuale bilancio consuntivo sulla mia esistenza. Ciò che odio di più di questa situazione è il fatto di ritrovarmi sempre davanti la stessa sfocata fotografia, di un anno più vecchia ma per nulla diversa. In 365 giorni accadono tantissime cose, alcune belle e altre brutte ma è frustrante ritornare sempre al punto di partenza; sono bloccato in un circolo vizioso che mi fa girare a vuoto e che mi riporta sempre indietro anche quando credo di fare grandi passi avanti.

I perché senza risposta sono sempre i soliti e quelle che credo essere soluzioni definitive non si rivelano essere altro che vaghi giri di parole che nell’atto della pratica diventano inutili e senza senso. Sono tormentato dalle mie insoddisfazioni, non trovo mai i rimedi giusti e obbligo sempre me stesso a chiudere gli occhi e far finta di niente; mento per dare una parvenza di serenità che in realtà non esiste. Mi ritrovo sempre a desiderare quello che non posso avere e non imparo mai a capire quello che posso o non posso raggiungere. Ormai riconosco i miei numerosi limiti ma nutro sempre la speranza che in qualche modo, in futuro, potrò riuscire a superarli e a far contento me stesso almeno per una volta. Mi viene il serio dubbio che non ci sia la reale possibilità di cambiare le cose e che qualsiasi sforzo si faccia siamo in qualche modo vincolati a quello che siamo davvero, a ciò che stabilisce le nostre possibilità e i nostri orizzonti. L’unica cosa intelligente da fare è imparare ad accettare tali limiti anche se per la maggior parte non piacciono. La vita non è quasi mai riconoscente, non apprezza gli sforzi che si fanno, procede il suo corso senza guardare in faccia nessuno e bisogna prenderla per quella che è.

Rileggendo queste parole mi spavento perché ho sempre la paura di cadere nell’odiosa autocommiserazione che è ancora peggio di tutto il resto perché ti pietrifica e ti rende ancora più orribile ai tuoi occhi e a quelli degli altri. Non è questa la mia intenzione, io voglio reagire, voglio scappare, voglio inseguire una soluzione anche se questa sembra allontanarsi sempre di più ad ogni passo che faccio verso di lei. Alla fine il giorno del compleanno permette di conoscere se stessi meglio, offre un termine temporale importante per quantificare i nostri progressi, farci capire quanto ancora possiamo fare per migliorarci e, per me importantissimo, un punto di inizio, per ricominciare ad avere fiducia, per potersi lasciare alle spalle ciò che non serve e per poter mettere in pratica ciò che si impara.

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